


Fantasticheria è il titolo di una novella di Giovanni Verga dalla raccolta "Vita dei Campi"(1880).
Rievoca un dialogo ideale tra il narratore siciliano e una sua amica che insieme a lui osserva la vita di paese di Acitrezza.
Il primo momento di romantica illusione della donna la porta a soffermarsi sulle bellezze del paesaggio come i Faraglioni.
Dopo due giorni, però, la donna si rende conto della monotonia della vita di paese e della sua società.
Riparte quindi da Acitrezza, dove in verità avrebbe dovuto fermarsi per un mese.
Verga in poche pagine le spiega cos'è che spinge quella gente a restare li nonostante la sua vita limitata al mare e quel poco che offre, senza contare la carestie e le malattie che, di tanto in tanto, spazzano via un parte della popolazione.
Verga istituisce un paragone con le formiche che cacciate via dal loro cumulo di terra vi tornano dopo 5 minuti.
Così ad Acitrezza muoiono famiglie intere come quella dei Malavoglia (di cui si legge praticamente un riassunto in queste righe).
Chi tenta la fortuna altrove e non è abbastanza forte finisce male.
Nell'ultima parte della novella la morale di vita del villaggio viene configurata nell'ideale dell'ostrica, cioè nella capacità di star legato al proprio ambiente, di porsi fuori del fiume del progresso e della storia, di accettare il bene come il male, con la stessa mancanza di ribellione .
Se l'ostrica si stacca dallo scoglio viene divorata da qualche predatore così se il singolo e fragile individuo, parte di un mondo, strutturato in leggi ferree e immodificabili, decide di lasciare il suo ambiente per curiosità, per migliorare la propria vita o per esplorare altri luoghi finisce innegabilmente con essere divorato dal mondo.
Verga adottando il punto di vista di chi vive quella realtà supera, con la "fantasticheria", la lontananza che separa il mondo borghese da quello dei poveri, attraverso il rimpicciolimento.